La pandemia da coronavirus ha avuto diversi effetti globali sul come l’informatica è strutturata e si è comportata. Abbiamo visto impennate pazzesche nelle applicazioni per le videoconferenze, nelle applicazioni relative al delivery. Gli e-commerce hanno fatto profitti assurdi, esattamente come è accaduto anche per i servizi di streaming che con i loro contenuti hanno tenuto la noia e la tristezza un po’ più lontana del previsto.

Un’altra tipologia di applicazione e servizio che ha visto nel coronavirus e nella pandemia da esso derivante un’opportunità per fare il salto di qualità è quella delle VPN, ovvero delle reti virtuali private che possono venir utilizzate per migliorare il livello di sicurezza della propria privacy quando si naviga.
Secondo delle analisi sul tema fatte da dei ricercatori legati al mondo di internet, la richiesta per le VPN è aumentata del ben 44% durante il corso dei mesi più importanti della pandemia. Dal punto di vista cronologico questi aumenti improvvisi sono sembrati corrispondere all’instaurazione dei lockdown localizzati in varie parti del mondo.
Le motivazioni che hanno portato a questi improvvisi boost di popolarità per questo genere di servizio possono essere moltissime ad un occhio inesperto. [Ritorno a capo del testo]A detta di studiosi del settore questo aumento repentino è collegato ad un paio di fattori che vicendevolmente si sono influenzati.
Voglia di contenuti

Una delle caratteristiche più importanti di una VPN è la sua capacità di cambiare la posizione dell’indirizzo IP dell’utente spostandolo in un qualsiasi posto del mondo. Questo avviene poiché l’azienda dietro la VPN possiede dei server in nazioni molto diverse tra loro: il risultato finale di questa scelta è la possibilità virtuale per l’utente di far viaggiare il suo computer modificandone la nazionalità.
Di per sé la possibilità per l’utente di cambiare l’indirizzo IP non sarebbe nemmeno niente di particolarmente interessante; la commistione di questa possibilità con la maggiore popolarità dei servizi di streaming però ha portato ad una conseguenza molto interessante.
Gli utenti Android hanno utilizzato le VPN per guardare sui loro dispositivi contenuti non disponibili nel loro paese.
Le VPN hanno infatti la capacità di aggirare le barriere geografiche digitali (il cui termine tecnico è geofencing) grazie a questa possibilità di cambiare la nazionalità del proprio indirizzo IP. Questo ha permesso agli utenti di fruire di contenuti in streaming normalmente non disponibili nel proprio paese, andando quindi ad alleviare la noia e la solitudine.
Questo sistema non soltanto è sfruttabile con i vari Netflix e Amazon prime ma serve anche a chi vive nei paesi con un internet limitato a navigare liberamente.
Più sicurezza a basso costo
L’altra motivazione che ha portato gli utenti Android ad installare ed utilizzare maggiormente le VPN è da ricollegare allo sdoganarsi del lavoro remoto.
Molte aziende hanno consigliato e/o imposto ai propri dipendenti di collegarsi ai programmi per lavoro sfruttando il layer di sicurezza extra derivante dalla presenza di una VPN.
La sicurezza non è però un tema ad esclusivo appannaggio delle aziende: anche i privati cittadini hanno sentito la necessità di migliorare il proprio livello di sicurezza e durante la pandemia sono corsi ai ripari con le VPN.
Questo per prevenire la profilazione da parte delle aziende che trattano in pubblicità o per schermarsi da eventuali attacchi man in the middle, i più utilizzati in termini di intercettazioni.
Come fa una VPN a migliorare la privacy?

Le virtual private network sono uno strumento nato con lo scopo di migliorare il livello di sicurezza informatica delle reti impedendo l’intercettazione del traffico dati. Questo è possibile grazie alla combinazione di due diversi elementi: il tunneling e gli algoritmi di cifratura.
Il tunneling è un particolare tipo di trasmissione dati che utilizza un sistema di incapsulamento multiprotocollo. Questo termine sta ad indicare ad infrastruttura digitale che crea dei blocchi di dati che vengono spediti in maniera anonima verso un altro indirizzo IP, creando un vero e proprio pacchetto di pacchetti di dati.
In questa maniera la sicurezza rispetto le intercettazioni viene aumentata di molto. In commercio esistono diversi protocolli di tunneling come il GRE, l’L2TP, l’IPSEC, OpenVPN o Wireguard.
Il secondo passaggio è invece la cifratura dei pacchetti di dati attraverso un algoritmo di cifratura; in questa maniera la riservatezza delle informazioni comunicate nei pacchetti viene garantita dalla presenza di uno strato di cifratura.
La tipologia di protocollo di cifratura impiegato per l’occasione per trasformare i pacchetti di dati leggibili in illeggibili dipende dal protocollo di comunicazione adottato dall’azienda che offre il servizio.
Diversi sono gli algoritmi di cifratura che regolano la crittografia delle VPN: i più popolari sono AES, DES, ESP, MPE, RC4, SHA, MD5 e così via. Ogni algoritmo ha velocità di funzionamento e livelli di sicurezza diversi, così da adattarsi ad una gamma più elevata di utilizzi.